SEIMILANO: Racconto di una metamorfosi

La sfida è costruire e ricostruire dentro la città esistente attraverso nuove forme di abitare. […] Comunità intese come spazi di relazione tra parco, edifici e tessuto esistente. Parliamo di città, di persone, di rigenerare luoghi che sono ambienti di vita” (arch. Mario Cucinella).

Per chi fosse interessato alle trasformazioni urbane e alla fotografia di cantiere, alla Triennale di Milano dal 8 al 27 ottobre è esposto l’interessante progetto fotografico SeiMilano – Racconto di una metamorfosi, che presenta gli scatti del collettivo fotografico Urban Reports relativi al cantiere di SeiMilano, finalizzati a narrare e documentare la trasformazione di una vasta area in disuso a sud ovest della città, prima utilizzata come cava di inerti, in una nuova città – giardino.

Allestimento della mostra alla Triennale di Milano

Il collettivo Urban Reports, composto dai fotografi (di formazione architetti) Alessandro Guida, Davide Curatola Soprana e Isabella Sassi Farìas, insieme a Viviana Rubbo, ricercatrice indipendente, nasce nel 2017 con l’obiettivo di indagare – attraverso la fotografia come strumento narrativo – il paesaggio contemporaneo.

L’esposizione, a cura di Benedetta Donato, curatrice di mostre e progetti editoriali nell’ambito della cultura visiva e critica di fotografia, documenta, attraverso quaranta immagini, i lavori di realizzazione di un ambizioso e complesso progetto di rigenerazione urbana ad alto tasso di sostenibilità e innovazione realizzato dal gruppo Borio Mangiarotti e Värde Partners, che ha trasformato un’area di 330.000 mq in zona Bisceglie in un quartiere multifunzionale con uffici, spazi commerciali, servizi e più di mille residenze, di cui metà in edilizia convenzionata, progettato dello studio MCA – Mario Cucinella Architects.

Il nuovo quartiere è immerso in grande parco di 16 ettari, firmato da Michel Desvigne Paysagiste (MDP), concepito come uno spazio pubblico di inclusione fruibile da tutta la città: “un processo di rigenerazione dentro la città esistente che assegna nuovo senso allo spazio, conferendo contemporaneità ai luoghi” (V. Rubbio).

SeiMilano©Alessandro Guida

“Il risultato, oggi visibile, è passato attraverso un lungo processo di transizione: il cantiere. Un luogo affascinante, dove il progetto si manifesta e prende forma, teatro di interazioni sociali tra persone provenienti da tutto il mondo” (E. De Albertis), qui raccontato attraverso le immagini del collettivo, che, per 5 anni a partire dal 2019, adiuvato dal confronto con la committenza e con i progettisti, ha esplorato con costanza questo mondo racchiuso in se stesso, poco visibile dall’esterno, attraverso un “progetto di indagine fotografica quale modalità inedita per infrangere il muro che sottrae il cantiere agli occhi della città, portandolo nelle vie e tra la gente” (V. Rubbio): un viaggio alla scoperta di un nuovo paesaggio che, attraverso le immagini, ne documenta il volto umano e i cambiamenti nel tempo e nello spazio, offrendo preziosi spunti per una riflessione contemporanea sulla città, illuminando “il lato umano e sociale dello scambio di pensieri e azioni che hanno impreziosito la realizzazione di questa importante opera di riqualificazione” (G. Sala).

Sull’esempio delle esplorazioni fotografiche di Gabriele Basilico sulle trasformazioni dell’organismo città, il progetto fotografico SeiMilano entra nel cantiere portandolo verso la città: un “percorso di scoperta, uno sguardo poliedrico che ne segue i mutamenti nel tempo e nello spazio”, configurandosi come “forma narrativa per raccontare il cambiamento, capace di accompagnare nel tempo la trasformazione, documentandone gli sviluppi, dalle prime fasi di bonifica fino al suo compimento” (V. Rubbio).

Sulla base delle suggestioni dei paesaggisti che hanno curato il disegno del parco, ispirato al paesaggio rurale, alla ricerca di “una relazione con la storia del luogo e con le forme di un paesaggio riconoscibile, familiare” (M. Desvigne), il lavoro fotografico parte rivolgendo lo sguardo verso il paesaggio circostante, quello tipico della Pianura Padana con i suoi canali di irrigazione, i campi inondati di acqua, le rogge e i filari, le tracce dei mezzi agricoli, che costituiscono la trama e la chiave di lettura dell’intero progetto, caratterizzato da un forte valore identitario, ma “mutevole e in perpetua evoluzione” (studio MDV).

A partire dallo spazio “immenso e spaesante” dell’area prima dell’inizio dei lavori, con ai margini il fronte urbano compatto della città, i fotografi – come già abbiamo avuto modo di raccontare per la fotografia di cantiere – si sono affacciati su “un mondo in divenire” fatto di ruspe, camion e uomini indaffarati nella polvere: “un grande vuoto che brulicava di vita” in cui il lavoro quotidiano del cantiere di bonifica “costruiva e decostruiva lo spazio, ammassando cumuli e montagne di materiale”, mentre la città, “ad intermittenza, faceva capolino tra quelle colline effimere” ove si potevano già leggere “i comparti funzionali e le direttrici lungo cui si sarebbe sviluppato l’intervento. Da lì in poi tutto sarebbe cambiato. Dalle platee sarebbero emersi i pilastri e poi le trame ardite dei ponteggi per realizzare i solai, i tamponamenti, le facciate; i volumi avrebbero preso forma dando concretezza e solida realtà al progetto” (V. Rubbio).

SeiMilano, 2020© Isabella Sassi Farias

Seguendo i mutamenti e l’evoluzione dei lavori, giorno dopo giorno, i fotografi hanno ripreso i momenti principali della lenta e costante trasformazione del paesaggio – dal sorgere delle costruzioni al nuovo parco – raffigurandone sia gli aspetti più generali che i dettagli infinitesimali, cercando di cogliere – con empatia, equilibrio e attitudine al dialogo – l’autenticità e l’essenza del soggetto raffigurato (che fosse un’impalcatura, un edificio o una persona), senza spettacolarizzazione, dosando “elementi diversi appartenenti ad uno stesso universo per farli convivere in un unicum in maniera armonica” (B. Donato).

“Non si tratta di fotografie che descrivono il mero andamento della lavorazione, ma di un percorso permeato da visioni”, ove “emerge una capacità di raccontare microstorie che hanno la forza poetica delle sfumature, che rievocano emozioni”, mentre si percepisce “il ritmo incessante che scandisce i momenti del costruire” e il “silenzio della pause” (B. Donato).

SeiMilano, 2024© Alessandro Guida

Parallelamente alla documentazione della trasformazione spaziale ha preso forma un altro racconto, quello del “lato umano del cantiere”, espresso da 80 ritratti dei suoi protagonisti, solitamente nascosti dietro le quinte, esposti nella parete centrale della sala, “dai cui volti si possono immaginare le tante storie di vita che si sono intrecciate” (M. Stella): “storie di vita in movimento” con cui ognuno è approdato a quel mestiere, talvolta per caso o per necessità. I ritratti, infatti, attraverso un QRCode, sono accompagnati dai racconti di ciascuno – testimonianze raccolte dalla ricercatrice, ognuna con il proprio know how – al fine di rappresentare in maniera profonda la variegata umanità di questo microcosmo: una comunità dove “non esistono figure marginali, perché ogni ruolo è fondamentale” (B. Donato), ove le donne si fanno strada difendendo il proprio ruolo in un contesto ancora “intriso di luoghi comuni” e dove ogni giorno si “pratica l’ascolto e la fiducia reciproca, a partire dal senso di responsabilità e dalla cura nello svolgimento della propria mansione, nel rispetto del lavoro altrui” (V. Rubbio), con dedizione, sacrificio e forza di adattamento.

Qui la fotografia diventa strumento di inclusione che azzera le differenze geografiche, linguistiche, culturali e di genere: “essere ritratti tutti allo stesso modo e rigorosamente a figura intera, come ci trovassimo di fronte a dei super eroi, finalmente spogliati dallo stereotipo del lavoratore, significa uscire dall’idea di categorizzazione degli individui” (B. Donato).

La sezione “il lato umano del cantiere”

Attraverso il racconto di questa storia, che “non appartiene solo a chi in questo cantiere ha lavorato, ma a tutte le persone che ora ci vivono e quelle che da qui passeranno”, la fotografia, che rappresenta il mezzo più immediato per testimoniare il processo di trasformazione e realizzare un racconto comprensibile a un pubblico ampio, ha permesso di documentare un importante cambiamento e un “esempio di ecosistema urbano sostenibile e intelligente, da poter replicare anche altrove” (M. Stella), ovunque ci si trovi di fronte ad “una preesistenza bisognosa di rinnovamento in termini di senso e contemporaneità” (M. Cucinella).

Patrizia Dellavedova

Foto di copertina: SeiMilano, 2024©Alessandro Guida. Ove non diversamente specificato le foto sono dell’autore.